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Ahi, l’amor…
(I. Vazzaz)
è una mano che stringe
ferita nel cielo
è la smorfia di un pagliaccio
di una foto in bianco e nero
luce che dissolve
oltre le mie scale
ruvida illusione
la parola da gettare
danza molto antica
dimentica dei passi
una giostra che s’insegue
corsa cieca ad occhi bassi
fame che divora
da dimenticare
una maschera che ride
una faccia da trovare
è una voglia di cantare
una bomba sempre pronta
è un’impronta che si stampa sulla faccia
pena che si sconta
negro fortunale
affogato d’acquavite
una fantasia banale rosa roca tra le ortiche…
è una punta di spilla
su cui ballo fuori tempo
con due angeli ingrassati un merengue triste
lento
per poi scappare
stappare del vino
per strappare poche ore a una notte ormai
mattino
è accettare sino in fondo
le risa dei presenti
sghignazzare col mondo, sbellicarsi oppure
digrignare i denti
è un racconto idiota
di un attore pazzo
è la sera che mi ammazzo
una giostra che non ruota
è una voglia di saltare
un sapore sempre nuovo
sempre uguale differente è il dolore che
ritrovo
danza un temporale
e avrei voglia di sparire
è un inciampo di parole con parole…
è una voglia di cantare
una storia che non conta
un’impronta ben stampata sulla faccia
ora che si sconta
danza folle e uguale
alla voglia di morire
una malattia fatale però no
non tengo voglia di
guarire